LA MIA VITA IN UN FOSSO
Pubblicato da Gianfranco Iovino in BLOG di Gianfranco Iovino · Sabato 17 Lug 2021 · 2:30
Giochiamo di fantasia?
Bene. Immaginate che proprio adesso, nel bel mezzo delle vostre solite cose di ogni giorno, qualcuno bussi alla porta chiedendovi di seguirlo, insieme a tutta la vostra famiglia, riempiendo una sola valigia di pochi stracci, e di fare in fretta perché... non c’è tempo, o se ne è già perso troppo!
E mentre ci incolonniamo ad una fila infinta di altre persone, smarrite e impaurite come noi, perché minacciate
da fucili puntati contro, qualcuno ci insulta e ci spintona, chiamandoci traditori.
Seguiamo un’orda incredibile di persone, operai e contadini, commercianti e artigiani, impiegati e dirigenti, con in comune la stessa nostra lingua parlata e l’appartenenza al tricolore nazionale.
Il viaggio è lungo, e assume sempre più i toni di un esodo; una deportazione verso qualcosa che non conosciamo,
o ancora non ci è dato comprendere, che bisogna affrontare in silenzio, chi su un carretto, altri su affollatissimi treni, chi su una nave e tanti, troppi… addirittura a piedi, fino a quando non ci chiedono di fermarci, per poi
essere divisi in piccoli gruppi, compatti e tenuti uniti da filo spinato, di quello che fa male se provi a strattonare per liberartene, lasciati in sosta davanti a dei buchi neri nel terreno, di cui non si conosce la profondità o dove possano portare di diverso se… non all’inferno, come qualcuno ci augura, mentre ci spara addosso senza pietà!
Ecco… fine della storia da immaginare, che sintetizza ciò che, più o meno, accadde alla fine della Seconda Guerra Mondiale, a circa 300.000 persone, per la maggior parte cittadini di nazionalità e lingua italiana, che furono obbligate ad abbandonare le loro terre di origine, per affrontare un esodo obbligatorio, sanzionato a tutti coloro che diffidavano del nuovo governo jugoslavo-comunista di Tito, ritrovandosi stranieri non graditi, in una terra che li
aveva visti nascere e crescere come italiani!
Delle Foibe credo che tutti orami sappiano tutto, e sono certo che la commemorazione di quel barbaro sterminio
è un atto tangibile, quanto necessario, a confermare che la guerra trasforma gli uomini e li rende peggiori degli animali, che hanno più coscienza ed uccidono per sopravvivenza e mai per disprezzo.
Mi è rimasta impressa nel cuore la sensazione che si subisce a visitare il campo di Basovizza, dove il silenzio ossequioso si mescola al dolore presente in ogni angolo di quel luogo sacro, mentre ti chiedi come sia possibile
che si arrivi a tanta crudeltà, che porta un uomo ad accanirsi barbaramente su un suo simile, solo perché così
gli è stato comandato di eseguire, per punire i traditori, senza però lasciare traccia di quel brutale castigo… che, però, mai nessun Dio perdonerà!
Se volete leggerlo, riporto il collegamento al racconto inedito “TUTTI GIU’ PER TERRA”
ispirato all’esodo Giuliano-Dalmata.