UNA CORAGGIOSA FOLLIA
Pubblicato da Gianfranco Iovino in BLOG di Gianfranco Iovino · Lunedì 28 Ott 2024 · 3:00
Tags: BLOG, DI, GIANFRACO, IOVINO
Tags: BLOG, DI, GIANFRACO, IOVINO
Dalle nostre parti i manicomi non esistono più dal 13 maggio 1978 grazie alla legge Basaglia, ma nel mondo sono attivi tantissimi ancora che servono per curare, custodire o “punire”, come è successo ad una studentessa universitaria fermata dalla polizia morale in un ateneo di Teheran.
Si chiama Ahou Daryaei, che tutto il mondo ha imparato a conoscere grazie ad un’immagine particolarmente impattiva, che la ritrae seduta su un muretto nel campus della Scienza e della Ricerca dell’Università islamica Azad della capitale con addosso soltanto biancheria intima e le spalle coperte da lunghi capelli neri, accerchiata da agenti al telefono e donne velate fino ai piedi della Gašt-e eršâd (la polizia morale).
Questa ragazza sta muovendo intorno alla sua protesta un gran chiacchiericcio, non tutto accondiscendente e positivo (devo dirlo), grazie alla sua camminata lungo il campus libera e leggera, questo fino a quanto non è stata arrestata dalla polizia e trascinata in un ospedale psichiatrico da cui, difficilmente, si saprà mai più qualcosa di lei.
Un gesto di protesta forte, in una parte del mondo dove le donne devono stare attente a mostrarsi troppo DONNE perché rischiano linciaggi, reclusioni e pestaggi a sangue (se non a morte!).
Ahou era stata fermata per intimarle di aggiustarsi il velo fuori posto, da sistemare meglio per coprirsi come è giusto che sia per una donna da quelle parti e lei, invece di scusarsi e abbassare lo sguardo, fa l’opposto contrario, liberandosi del velo, poi della giacca, della camicia e, indumento dopo indumento, liberarsi la pelle e scrollarsi di dosso le catene dell’oppressione, restando con la sola biancheria intima nel cortile dell’università.
Su di lei si accalcano sguardi e commenti, oltre che giudizi e critiche severe per l’ardire impazzito di voler sovvertire regole immutabili da quelle parti, da punire con l’immediata internazione, perché una donna così è PAZZA a voler ostentare il diritto di essere sé stessa, libera nel pensiero, i gesti e i costumi, e non c’è rimedio migliore che un ospedale psichiatrico ad etichettare “follia” quel suo desiderio inopportuno, illegale, oltraggioso e peccaminoso di libertà.
Questa la cronistoria di quanto accaduto che in molti di voi avranno già approfondito, anche se in tanti gridano alla “notizia FAKE” fatta girare solo per strumentalizzare un principio di iniquità tra donne d’occidente e quelle medio-orientali; ma a me interessa riprenderla questa notizia perché mi permette di riflettere sulla sempre più crescente repressione delle libertà individuali in Iran, con particolare accanimento nei confronti della sottrazione di diritti alle donne, che devono sempre più differenziarsi da quelle occidentali, troppo immorali e impudiche, e sottostare a rigide norme religiose, che pone restrizioni dal velo all’abbigliamento al modo di agire e di pensare.
Io sarò sempre dalla parte di Abou (come anche di Mahsa Amini) è di tutte quelle coraggiose eroine che si rendono protagoniste di gesti da gigante, sfidando il “regime” senza frapporre resistenza con la violenza, le bombe e le stragi terroristiche, trasformando il proprio “corpo” in una potentissima arma di protesta contro un sistema dittatoriale che da 45 anni cerca di trasformare i corpi delle donne in strumenti di vergogna, repressione e sessualizzazione.
Chiudo riportando una massima della scrittrice britannica Mary Wollstonecraft che racchiude tutto il senso del mio pensieroBLOG in maniera perfetta:
Si chiama Ahou Daryaei, che tutto il mondo ha imparato a conoscere grazie ad un’immagine particolarmente impattiva, che la ritrae seduta su un muretto nel campus della Scienza e della Ricerca dell’Università islamica Azad della capitale con addosso soltanto biancheria intima e le spalle coperte da lunghi capelli neri, accerchiata da agenti al telefono e donne velate fino ai piedi della Gašt-e eršâd (la polizia morale).
Questa ragazza sta muovendo intorno alla sua protesta un gran chiacchiericcio, non tutto accondiscendente e positivo (devo dirlo), grazie alla sua camminata lungo il campus libera e leggera, questo fino a quanto non è stata arrestata dalla polizia e trascinata in un ospedale psichiatrico da cui, difficilmente, si saprà mai più qualcosa di lei.
Un gesto di protesta forte, in una parte del mondo dove le donne devono stare attente a mostrarsi troppo DONNE perché rischiano linciaggi, reclusioni e pestaggi a sangue (se non a morte!).
Ahou era stata fermata per intimarle di aggiustarsi il velo fuori posto, da sistemare meglio per coprirsi come è giusto che sia per una donna da quelle parti e lei, invece di scusarsi e abbassare lo sguardo, fa l’opposto contrario, liberandosi del velo, poi della giacca, della camicia e, indumento dopo indumento, liberarsi la pelle e scrollarsi di dosso le catene dell’oppressione, restando con la sola biancheria intima nel cortile dell’università.
Su di lei si accalcano sguardi e commenti, oltre che giudizi e critiche severe per l’ardire impazzito di voler sovvertire regole immutabili da quelle parti, da punire con l’immediata internazione, perché una donna così è PAZZA a voler ostentare il diritto di essere sé stessa, libera nel pensiero, i gesti e i costumi, e non c’è rimedio migliore che un ospedale psichiatrico ad etichettare “follia” quel suo desiderio inopportuno, illegale, oltraggioso e peccaminoso di libertà.
Questa la cronistoria di quanto accaduto che in molti di voi avranno già approfondito, anche se in tanti gridano alla “notizia FAKE” fatta girare solo per strumentalizzare un principio di iniquità tra donne d’occidente e quelle medio-orientali; ma a me interessa riprenderla questa notizia perché mi permette di riflettere sulla sempre più crescente repressione delle libertà individuali in Iran, con particolare accanimento nei confronti della sottrazione di diritti alle donne, che devono sempre più differenziarsi da quelle occidentali, troppo immorali e impudiche, e sottostare a rigide norme religiose, che pone restrizioni dal velo all’abbigliamento al modo di agire e di pensare.
Io sarò sempre dalla parte di Abou (come anche di Mahsa Amini) è di tutte quelle coraggiose eroine che si rendono protagoniste di gesti da gigante, sfidando il “regime” senza frapporre resistenza con la violenza, le bombe e le stragi terroristiche, trasformando il proprio “corpo” in una potentissima arma di protesta contro un sistema dittatoriale che da 45 anni cerca di trasformare i corpi delle donne in strumenti di vergogna, repressione e sessualizzazione.
Chiudo riportando una massima della scrittrice britannica Mary Wollstonecraft che racchiude tutto il senso del mio pensieroBLOG in maniera perfetta:
“Il potere delle donne è nel loro coraggio”